Scatti Pittorici - Il fotorealismo di Osvaldo Sabene - di Giovanna Foresio

Sabene per la stesura delle sue opere parte dalla fotografia. Così come i grandi iperrealisti americani o meglio i fotorealisti, ma non solo loro. Da quando fu inventata la fotografia sono stati tanti gli artisti che l'hanno usata partendo da Degas, Manet, Bonnard... Già negli anni venti Mondrian e Picabia discutevano di superrealismo e, dieci anni dopo, hanno pubblicato un articolo su ‘L’art réaliste e l’art superréaliste’ ; denominata poi arte iperrealista nota anche come realismo radicale e fotorealismo. Nomi che sottolineano la precisione esasperata ed esasperante, un’esattezza che lascia stupiti e disorientati. Tutto è nitido, pulito, luccicante e perfetto. Parliamo di una copia della copia della realtà in pieno concetto post moderno.

La calma di questo approccio mette in luce la condizione attuale dell’artista che non vuole rinunciare al proprio presente, anzi intende dialogarvi proprio utilizzando materiali e linguaggi non isolanti ma comprensibili e leggibili, non allarmanti r negativi ma affermativi e corroboranti un suo progetto dolce. Questo è possibile perché l'artista si sente legittimato dalla superoggettività dell'opera, dalla iperrealtà di un ordine linguistico che non distrugge l'oggetto, ma ne rispetta la sua inerzia quotidiana. Recila Roberta Bernabei "La tragica ironia sottesa a queste immagini, cui non è estranea un’implicita critica sociale, l'ossessione della ricerca di un riflesso speculare della realtà, le valenze concettuali insiste in queste ricerche, conferiscono all'arte fotorealista un particolare interesse e significato che vanno oltre la tradizione della pittura realista. l soggetti scelti dagli artisti iperrealisti sono desunti dal quotidiano”.

Chiaramente gli idoli di riferimento sono i grandi maestri del vedutismo lenticolare, Vermeer, Canaletto e Bellotto ma parte integrante e fondamentale è lo scatto a gli scatti fotografici. Anche lui come il grande maestro americano Richard Estes, fa diverse foto al soggetto del suo prossimo lavoro. Studia un †aglio particolare, una scorcio, un modo già tutto suo di fissare l’immagine. Dalle varie foto elabora poi lo schizzo dell'opera che, mano a mano, cambierà, si riempirà di particolari o viceversa, si svuoterà, magari delle persone. Una profonda differenza lo distingue in verità da Estes. Quest’ultimo, infatti ”...rende con il tocco freddamente sensuale di Vermeer ciò che finora sarebbe stato troppo brutto da dipingere, troppo desolato da vedere. “. Come ha scritto di lui John Updike. Con la sua pittura, soprattutto la serie di Manhattan o delle periferie urbane, o delle metropolitane, in qualche modo denuncia la solitudine, la mancanza d’intimità, la desolazione nelle grandi metropoli odierne. Si assapora lo sconforto di una vita passata con monotonia o fra la freddezza dei grattacieli che ci rispecchiano addosso la nostra esistenza. Tutti i grandi rappresentanti dell’iperrealismo da Chuch Close con i suoi enormi ed agghiaccianti ritratti, Mc Lean con il suo mondo delle corse dei cavalli, Robert Cottingham, John Salt, Ralph Goings tutti con lo loro vita americana espressa con i suoi segni o con i rottami in demolizione, macchine distrutte, vecchi frigoriferi o lavatrici guaste … presi in esame da Salt fanno una chiara e intenzionale critica del benessere americano e del suo spreco.

Anche Sabene preleva un dettaglio, un’immagine tagliata dello spazio urbano e la fissa sulla superficie della tela. Lo pittura interviene per applicare all’arte i procedimenti della visione che derivano dalla fotografia. Il risultato è un’immagine fissa sospesa, quasi senza tempo, ma al contrario nei suoi quadri si esalta lo vita. Ci mostra strade di periferia piene di gente, ma ci lo scoprire che vi è anche intimità; le persone sono indaffarate, ma hanno passione. l suoi riflessi poi si rincorrono dalla pozzanghera di pioggia alle carrozzerie bagnate delle auto e sembra che in questo gioco si divertono. Ci lasciano insomma sentire e percepire lo loro poetica. Ed è in questa poetica che, in qualche modo ci ricorda Hopper. Tutti i suoi lavori sono pervasi dall’ elemento del silenzio, questo silenzio può avere le risonanze emotive più diverse, può essere gravida di attesa, a volte quasi insopportabile. Si scopre che è un elemento fondamentale, quasi il collante dell'opero. Mentre in Hopper questa "attesa è assoluta e rassegnata", in Sabene è dolce, remissiva si, ma anche in fondo pieno di speranza. Il silenzio e l’attesa sono i prodromi del domani. L’ ordine linguistico sottostante sottolinea l'iperrealismo di uno stile che vuole farsi riconoscere, per approdare allo stadio finale del consumo dell’arte che è lo contemplazione.